Innovazione è uno dei termini che contraddistinguono la nostra epoca, ma spesso viene usato senza riflettere attentamente sulle sue implicazioni. Di solito innovazione viene usato come sinonimo di sviluppo e ottimizzazione tecnologica, o tecnologico-organizzativa. Questa associazione così diretta tra tecnica e innovazione è però una verità solo parziale. Si può parlare infatti di innovazione indipendentemente dal settore o dall’industria di un’azienda: e questo perché l’innovazione è in realtà primariamente un processo; o meglio, un approccio ai processi. La visione evolutiva del cambiamento economico, inaugurata dall’economista Joseph Schumpeter e ormai ampiamente avvalorata empiricamente, descrive infatti l’innovazione come:
1) collettiva, cioè caratterizzata dallo scambio di competenze e conoscenze tra attori diversi, sia pubblici che privati;
2) incerta, con esiti imprevedibili la cui probabilità non può essere calcolata in anticipo;
3) intessuta con le procedure localizzate e specifiche di ogni azienda, e quindi difficile da emulare anche alla scadenza dei brevetti: questo perché prassi e memoria all’interno delle organizzazioni sono molto più difficili da trasferire in un’altra organizzazione;
4) storica, ovvero cumulativa e influenzata dalle azioni pregresse; quindi non procede in maniera costante e lineare, ma attraverso ondate di ‘distruzione creatrice’.