DESIGN THINKING:
Cosa (NON) è il Brainstorming?

Cosa (non) è il brainstorming nel design?

Il termine brainstorming è ormai di senso comune anche nella nostra lingua. Nella maggior parte dei casi, però, non è utilizzato in maniera precisa e spesso acquisisce semplicemente il significato di conversazione o ‘confronto’ aperto, in cui ognuno può condividere le proprie idee nel modo più facile possibile.

Esiste però un approccio diverso, tipico del design, che consiste nel considerare il brainstorming come la pratica di sistematizzare la generazione di idee nuove. Nel Design Thinking si parla infatti di idea generation, o generazione di idee.

Che cosa cambia in questo caso? L’obiettivo si arricchisce: si passa da assicurare un contesto relazionale in cui tutti esprimano in maniera aperta le proprie idee -che comunque rimane un elemento fondamentale anche nella generazione di idee- a strutturare una collaborazione attiva, finalizzata a far emergere idee che non sarebbero state possibili se ogni singolo partecipante avesse svolto il problem-solving per conto suo. Questo approccio è particolarmente utile in team molto multidisciplinari o non particolarmente affiatati, in cui la contaminazione di idee che dovrebbe caratterizzare un buon brainstorming è più difficile e quasi sempre non spontanea.

Per apprezzare l’approccio del design al brainstorming è essenziale riconoscere come spesso, per lo meno nella nostra cultura figlia del pensiero greco-romano prima, cristiano medievale poi e infine illuminista, vengano date per scontate alcune cose sul concetto di idea, che in realtà non hanno modo di essere confermate. Di solito, capita di sentir parlare di un’idea come di qualcosa che:

a) Ha un’identità precisa e definita, che costituisce l’essenza dell’idea
b) È, se non ancora realizzata, del tutto astratta e diversa dal mondo materiale

Il design, come evoluzione delle arti applicate, è invece sempre stata una disciplina molto attenta alla materialità dell’esperienza umana. Un approccio di design alla generazione di idee significa concepire queste ultime come nodi di una rete di interazioni tra elementi che provengono sia dalla mente dei progettisti che dall’ambiente fisico. La prima caratteristica di questo approccio è che un’idea non ha un’essenza immutabile, ma è piuttosto un singolo momento di un processo di ibridazione più ampio; la seconda caratteristica è che è necessario arricchire il più possibile la rete di relazioni che permette questa ibridazione e, di conseguenza, l’emergere di ‘nuove idee’: la rete viene costituta mettendo in relazione elementi più o meno astratti, trasmessi tramite parole ma anche tramite rappresentazioni intermedie, come i disegni, o tramite oggetti fisici, come i prototipi. In pratica, è riconosciuto che gli artefatti hanno una funzione cognitiva fondamentale nei processi di progettazione creativa, perché oggetti e rappresentazioni tendono a dare una forma e una direzione specifica all’interazione tra i membri di un team; per fare un esempio anche i post-it, grazie alla facilità con cui permettono di assemblare e disassemblate gruppi di parole, possono essere visti come una forma di materializzazione dei processi cognitivi di un team.

Senza aprire un tema così complesso e ancora sperimentale, possiamo però riconoscere con certezza come il design cerca di sfruttare al massimo la capacità umana di pensare con gli oggetti e soprattutto di immaginare cose nuove tramite gli oggetti.

Il brainstorming quindi, nel design, non è un processo di creatività spontanea; la generazione di idee è piuttosto la creazione strategica di supporti all’attività creativa di un team. Strumenti come canvas e prototipi, grazie anche all’abilità del facilitatore, offrono un ‘perimetro cognitivo’ al brainstorming in atto e di conseguenza ad una generazione di idee più focalizzata ed efficace.

Questo è, in sintesi, il processo creativo nel Design Thinking: fare ricerca sui bisogni o problemi del cliente (Fase 1 – Emphatize), così come individuare un problema specifico (Fase 2 – Define) sono passaggi necessari a creare una ‘rete di ibridazione’ al contempo radicata nella realtà e affrontabile dal team. A questo punto si può attivare la generazione di idee, grazie alla quale tutte le persone coinvolte possono apportare un contributo e le idee si sviluppano sulla base di altre idee in un circolo virtuoso, in crescendo; che ha come fine quello di “ideare”, appunto, la miglior soluzione innovativa possibile e condivisa.

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